Morte e resurrezione dei giornali by Enrico Pedemonte

autore:Enrico Pedemonte [Pedemonte, Enrico]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2011-03-02T23:00:00+00:00

Il giornalismo della collaborazione

È impossibile fornire ricette uniche per il «giornalismo della collaborazione» che sta nascendo intorno a noi e si va sviluppando nel mondo grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia. Sarebbe sbagliato dire che è la tecnologia a cambiare i processi di comunicazione. È più esatto affermare che i tecnologi sperimentano nuove strade e seguono i percorsi indicati dagli utenti.

Charlie Beckett, ex giornalista del «Guardian» e autore di SuperMedia, ha battezzato networked journalism il giornalismo che sta nascendo, sottolineando la sua natura «collaborativa», dove professionisti e dilettanti lavorano insieme per fornire una storia al pubblico rompendo vecchie barriere che fino a ieri (e spesso, in Italia, ancora oggi) chiudono l’attività di ogni singolo giornalista all’interno dei muri del suo giornale. Nel nuovo networked journalism i cronisti linkano gli articoli di altri giornali usati come fonte primaria delle notizie, citano collaboratori esterni che sono fonti di idee e suggerimenti, coinvolgono citizen journalist che hanno messo in luce particolari significativi. Dice il noto blogger Jeff Jarvis che il giornalista oggi «deve concentrarsi più sul processo che sul prodotto» e deve, più di ieri, comportarsi come un cittadino, perché è solo immedesimandosi con le esigenze e i bisogni dei lettori che si conquista una nuova centralità.

Di fronte a questi scenari molti anziani cronisti replicano ricordando che la «conversazione» con la comunità dei lettori non sostituisce la ricerca e la verifica delle notizie, che restano l’obiettivo primario della professione. Verissimo. Ma chi vede solo l’aspetto tradizionale del mestiere, nel suo classico individualismo e (nei casi migliori) nella sua purezza etica, perde di vista il cambiamento in atto nelle nuove generazioni di lettori e la perdita di valore delle notizie come merce.

Il tema della collaborazione è strettamente connesso a quello della credibilità dei giornali. Si potrebbe scrivere un libro a parte citando decine di sondaggi che mostrano come in tutto l’Occidente la credibilità dei giornali (e dei partiti politici, un’associazione non casuale) sia scesa drasticamente negli ultimi decenni. Tralasciando di appesantire il discorso con un elenco di statistiche, è utile citare una ricerca effettuata dall’Istituto Reuters, presso la Oxford University, sulla fiducia dei cittadini nelle news. L’indagine conclude: «La sfiducia [nei giornali] nasce quando le notizie non rappresentano più un mondo che i cittadini sono in grado di riconoscere, e li lasciano con la sensazione di essere degli spettatori che assistono a un dramma che neppure gli attori principali sembrano interessati a capire».

I «nati digitali», abituati a raccontare quello che vedono con i loro occhi inviando un messaggino su Twitter, a esprimere la loro opinione su un blog o a spiegare la loro visione del mondo ai propri amici su Facebook, non riconoscono più l’autorità morale di un giornale separato dal mondo, che impedisce loro di partecipare e di esprimere attivamente il proprio punto di vista. Per i «nati digitali» l’autoespressione e la partecipazione sono un elemento costitutivo della personalità. Hanno incorporato queste attitudini mentre imparavano a leggere e scrivere.

Questo potrebbe aprire un discorso assai complesso, a cui in questa sede posso solo accennare.

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